di Raffaella Di Meglio
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Biografia di Vittoria
Colonna Ischia nelle rime di Vittoria Colonna > Il castello aragonese |
Da castrum gironis a Città d'Ischia (secc. XI-XV)
Il
Castello è situato su uno scoglio trachitico formatosi centinaia
di migliaia di anni fa, secondo alcuni, in seguito ad un’eruzione,
secondo altri, in seguito ad un distacco dalla terraferma dovuto ad un
abbassamento tettonico.
Alcuni storici sostengono che la prima fortezza vi sia stata costruita
nel 474 a. C. dal greco siracusano Gerone I giunto in aiuto dei Cumani
nella guerra contro gli Etruschi, al quale si dovrebbe la denominazione
di “castrum Gironis”. Altri studiosi fanno
invece risalire tale nome al periodo della dominazione bizantina che va
dal 558 al 588, altri ancora al periodo medievale. In entrambi i casi
il termine gironis viene fatto derivare dal latino “girus”,
in riferimento alla forma circolare delle mura. La più antica notizia
che possediamo del castrum gironis risale al 1036.
La visita al Castello consente un suggestivo viaggio nella natura, nell’arte
e soprattutto nella storia, poiché su questo "scoglio",
ambíto per la sua posizione strategica, sono passate le varie dominazioni
che si sono succedute nella storia d’Italia e del Regno di Napoli:
dai Romani ai barbari (Visigoti, Vandali, Ostrogoti), dagli Arabi ai Normanni,
dagli Svevi agli Angioni agli Aragonesi, fino ad arrivare ai Borboni.
Dopo i Normanni (1134-1194) e gli Svevi
(1194-1265), gli Angioini (1265-1282), per volere del
re di Napoli Carlo d’Angiò, costruirono sul punto più
alto del versante nord orientale dell’isolotto, a strapiombo sul
mare, il Maschio quadrangolare, dotato di tre torrioni cilindrici angolari.
Nello specchio d’acqua sottostante l’isolotto fu creato un
porto, mentre il collegamento della rocca con la terraferma avveniva attraverso
un ponte di legno, rifatto successivamente in muratura da Alfonso D’Aragona.
Della dominazione angioina restano poche testimonianze,
a causa dell’eruzione del 1301 che provocò la perdita di
numerosi documenti, ma risparmiò il castello, tanto che gli abitanti
del borgo medievale di Geronda distrutto dall'eruzione vi costruirono
la Cattedrale come voto all'Assunta.
La chiesa, edificata su una preesistente cappella che ne divenne la cripta,
ha pianta a tre navate: le due laterali erano coperte da volte a crociera,
l’abside da una cupola ribassata. Nella cripta si trovavano sarcofagi,
pietre tombali di famiglie nobili e cappelle gentilizie. Nelle cappelle
e nelle lunette della cripta sono ancora visibili, sebbene molto rovinati,
gli affreschi di scuola giottesca del 1300, unici sull’isola d’Ischia.
All’originaria struttura romanica, intuibile dalle colonne incluse
nei pilastri, sono sovrapposti pregevoli rifacimenti settecenteschi barocchi.
Dell’edificio restano alcune rovine (la facciata è rimasta
in piedi fino all’inizio del ‘900) e la cripta, ciò
che è sopravvissuto al bombardamento del 1809 degli Inglesi in
guerra contro i Francesi.
Nel 1438 Alfonso d’Aragona conquistò definitivamente il Castello,
ponendo fine ad oltre un secolo di lotte con gli Angioini. Quello aragonese
fu il secondo periodo dorato: il Castello divenne una vera e propria città-fortezza
e assunse la denominazione di "città d'Ischia".
Impresa memorabile voluta da Alfonso d’Aragona fu la costruzione
del traforo (18 m di altezza, 10 di larghezza), una galleria
di accesso lunga più di 400 metri scavata a mano nella roccia,
dotata di quattro robusti portoni (di cui uno ancora esistente e funzionante)
e di lucernari dai quali si versava olio bollente, pece e pietre su eventuali
nemici. Prima della costruzione del traforo si saliva attraverso una ripida
scala esterna i cui resti sono ancora visibili dal mare.
Per
opporre resistenza ai frequenti attacchi dei corsari, Alfonso fece inoltre
costruire poderose mura difensive che avvolgono il Castello per 3/4 del
suo perimetro, e fece ricostruire il Maschio che, collocato
sul punto più alto dello scoglio (m 113), domina e caratterizza
il profilo del Castello. Il recente ritrovamento nella Biblioteca Nazionale
di Napoli di disegni della pianta del Castello risalenti all’ultimo
quarto del ‘500 (cfr. Ilia Delizia, “Il Castello d’Ischia”,
in Napoli Nobilissima, volume XXVIII, fascicoli I-IV, gennaio-dicembre
1989, Napoli, Arte Tipografica, pp.88-96), ha permesso di riconoscere
nel Maschio una struttura residenziale e strategica autonoma separata
dall’abitato da un grande fossato e dotata di un percorso segreto
(“la escalera falsa”) che, attraverso gli scoscendimenti rocciosi
ed evitando l’abitato, collegava la residenza regia direttamente
col mare passando attraverso il “jardin dil Castillo”. Inoltre,
a ridosso della rampa di accesso al Maschio, esisteva un vigneto ad uso
esclusivo della famiglia proprietaria.
All’interno della reggia Alfonso ospitava letterati e organizzava
spesso banchetti e festini in onore della sua favorita, Lucrezia
d’Alagno, alla quale donò il Castello. Ella ne affidò
il governo al cognato Giovanni Torella che, a tradimento, passò
dalla parte di Giovanni duca d’Angiò, governatore di Genova
a nome di Carlo VIII re di Francia, il quale non aveva abbandonato il
proposito di riconquistare l’isola. Il nuovo re Ferdinando
I, succeduto ad Alfonso, morto nel 1458, dovette riunire il Parlamento:
l’ammiraglio Giovanni Poo propose un coraggioso piano d’attacco
e, dopo due anni di assedio, nel 1465 Torella dovette abbandonare l’isola.
Ferdinando I morì nel 1493; il figlio Alfonso II, intimorito da
Carlo VIII, dopo un anno rinunziò alla corona in favore di Ferdinando
II che si rifugiò ad Ischia portando con sé anche
il suo confidente, il poeta Sannazzaro e il segretario Giovanni Pontano.
La famiglia d'Avalos (sec. XVI)
Il re Ferdinando II affidò il comando dell’isola al capitano Inigo d’Avalos, marchese del Vasto. Si insediò così ad Ischia, rimanendovi per duecento anni, il feudo dei d’Avalos, famiglia spagnola che si era rafforzata grazie al matrimonio di Inigo con Antonella d’Aquino, marchesa di Pescara (dal quale nacque Costanza) e grazie alla fedeltà dimostrata ad Alfonso e Ferdinando d’Aragona. Nel 1496 Inigo resistette eroicamente all’attacco di Ludovico Sforza mandato da Carlo VIII a soggiogare l’isola ; tale vittoria fu eternata da Ariosto nei suoi versi :
Vedete Carlo Ottavo che discende.
Dall’Alpe, e seco à il fior di tutta Francia ;
Che passa il Liri, e tutto il regno prende
Senza stringere spada, e bassar lancia ;
Fuorché lo scoglio che a Tifeo si stende
Sulle braccia, sul petto e sulla pancia ;
Che del buon sangue d’Avalos al contrasto
La virtù trova d’Inaco del Vasto.
Carlo VIII dovette ritirarsi da Napoli e Ferdinando fu
richiamato ad Ischia, che ricompensò con grazie e privilegi dichiarandola
«Città ed Isola Fedelissima». Il re morì nello
stesso 1496 a soli 29 anni; gli successe lo zio Federico I
che, costretto a sua volta dai Francesi ad abbandonare Napoli, si ritirò
ad Ischia insieme ad altri reali aragonesi accomunati da un’analoga
sorte infelice (la sorella Beatrice, Isabella figlia di Alfonso II) e
a nobili a lui fedeli, tra i quali il Luogotenente Generale del Regno
di Napoli Fabrizio Colonna, padre della poetessa Vittoria. Scoperta una
congiura francospagnola, amareggiato dal tradimento di Ferdinando il Cattolico,
Federico preferì cercare rifugio presso il nemico Luigi XII, in
Francia.
Da allora fu una donna, Costanza d’Avalos, succeduta
nel governo dell’isola al fratello Inigo II, a reggere le sorti
del castello e dell'intera isola. Nel 1503 guidò coraggiosamente
la difesa degli isolani contro i Francesi, tanto che Ferdinando il Cattolico
non esitò a confermarle il possesso dell’isola. Grazie alla
fama guadagnata con tale impresa e all’amore per la cultura, ella
attirò ad Ischia importanti poeti, artisti e letterati; durante
il suo governo, giunsero al Castello altre influenti figure femminili
come Maria del Vasto, moglie di Alfonso del Vasto, Beatrice d’Aragona
e Vittoria Colonna, figlia di Fabrizio Colonna e della Duchessa di Montefeltro.
Nella
Cattedrale del Castello il 27 dicembre 1509 furono celebrate le memorabili
nozze di Ferrante d’Avalos, nipote di Costanza,
suo successore e capitano generale delle truppe imperiali, con Vittoria
Colonna.
Alcuni anni dopo Ischia, come Napoli, passò sotto il dominio
vicereale spagnolo. Verso la metà del 1500 subì
una serie di violente incursioni piratesche guidate da Kair-el-Din, detto
Barbarossa, alleato di Francesco I di Francia contro Carlo V di Spagna,
e poi da Dragut. All'ingresso dello scoglio esisteva una campana che suonava
in caso di pericolo, segnalato anche da grandi fumate che si sollevavano
dalla cima del monte Epomeo; la popolazione, avvisata così dell'arrivo
dei pirati, poteva rifugiarsi sulle montagne o sul castello, dove esisteva
un magazzino destinato alle munizioni e alle derrate alimentari. Il pericolo
delle invasioni continuò fino al secolo XVIII.
Negli anni 1527-28 la corte di Ischia conobbe il suo periodo più
intenso. Una serie di tragiche vicende, la peste, la carestia, il sacco
di Roma, la battaglia navale di Capo d’Orso nel golfo di Salerno,
spinse tutta la casa del Vasto a rifugiarsi sull’isola. Vi si rifugiarono
anche molti poeti ed umanisti, per cui il Castello diventò così
un vero e proprio centro culturale gravitante intorno alla figura di Vittoria
Colonna e delle altre influenti donne, prima fra tutte l’energica
Costanza d’Avalos.
Nel corso di questi secoli il Castello conservò le funzioni di
una vera e propria città in continua crescita, dove, oltre alla
residenza reale e del vescovo, si costruivano case e chiese. Nel 1547
Dionisio Basso vi fece costruire per il figlio sacerdote Pompeo la chiesa
di San Pietro a Pantaniello, così chiamata per la statua
del santo proveniente da un'antica chiesetta situata su una collina nei
pressi del lago Pantaniello, l'attuale porto di Ischia; la chiesa, a pianta
esagonale, è attribuita all'architetto Jacopo Barozzi, detto il
Vignola ed è presente in tutte le piante del Castello, per cui
doveva essere un monumento di grande pregio. Dalle finestre, che probabilmente
sostituiscono originarie cappelle absidate, si può ammirare un
incantevole panorama.
Nel 1575 Beatrice Quadra, vedova di Muzio d’Avalos,
fondò nel palazzo d'Avalos da lei ereditato il Convento
di S. Maria della Consolazione. Le prime monache (circa 40),
appartenenti all’ordine delle Clarisse, provenivano dall’eremo
di San Nicola sull’Epomeo che erano state costrette ad abbandonare
a causa delle condizioni atmosferiche troppo rigide. Nei sotterranei si
può tuttora visitare il cimitero delle monache: alla morte esse
venivano messe a sedere su seggi di pietra con un foro al centro, detto
scolatoio, dove venivano lasciate a decomporsi sotto gli occhi delle altre
sorelle che vi si recavano in preghiera per meditare sulla morte, contraendo
spesso gravi malattie.
Verso la decadenza: il periodo borbonico (secc. XVIII-XIX)
Picture copyright: Francesco Di Meglio
Il Castello rimase dunque per molti secoli il centro politico,
religioso e culturale dell’isola. Nel XVII secolo ospitava ancora
1892 famiglie, il convento delle Clarisse, la trecentesca Abbazia dei
monaci basiliani di Grecia, il Vescovo con il capitolo e il seminario,
il principe con la guarnigione, tredici chiese, di cui sette parrocchie.
Ma intorno alla fine del secolo iniziò il periodo di decadenza
del Castello. Nel 1729 morì l’ultimo dei d’Avalos,
Cesare Michelangelo, che si era inimicato il popolo imponendo pesanti
tributi. Intanto, cessato il pericolo delle incursioni, la gente aveva
cominciato ad abbandonare l’isolotto e a popolare la terraferma:
nel 1792 vi restavano 98 anime mentre nel borgo di Ischia Ponte abitavano
più di 3000 persone.
L'ultima
chiesa ad essere abbandonata fu la Chiesa dell'Immacolata,
voluta dalla badessa Battista Lanfreschi nel 1737: l’edificio, in
stile barocco, è dominato da una grande cupola impostata su un
tamburo con otto finestre, la cui sagoma contraddistingue, insieme a quella
del Maschio, l’immagine del castello. Le monache dell'adiacente
convento si indebitarono per realizzare la costruzione di questa chiesa
che rimase incompiuta (le pareti sonno bianche e vuote) e non fu mai consacrata.
Oggi la struttura è adibita a mostre temporanee.
Dopo l’occupazione dei francesi e quella degli inglesi che nel 1809
bombardarono il Castello, Ischia tornò ai Borboni.
Con l’avvento della dinastia borbonica nel 1734 il Castello divenne
Bagno penale. Nel 1823 un decreto di Ferdinando I dichiarò proprietà
demaniale tutto lo scoglio, ormai deserto: un preesistente stabile fu
adibito ad ergastolo. Nel 1851 fu prigione politica e vi furono rinchiusi,
tra gli altri, Poerio, Pironti, Nisco, Agresti e altri protagonisti del
Risorgimento italiano. Il carcere, oggi visitabile, era
molto severo, a giudicare dalle porte massicce, dai cancelli, dagli spioncini;
in un cortile di 150 mq circondato da alte mura i prigionieri trascorrevano
l'ora d'aria, controllati dai soldati nella garitta.
Dal 1874 al 1890 il Castello divenne colonia per delinquenti comuni.
Nel 1912, l'Amministrazione del Demanio, con trattativa privata, mise
in vendita all'asta il Castello Aragonese: da allora il complesso monumentale
è nelle mani di privati che ne curano la gestione e i restauri.
Il Castello, visitabile ogni giorno, conserva intatto tutto il suo fascino
evocativo che ha suggestionato generazioni di poeti e scrittori.
• Buchner Giorgio-Rittman Alfred, Origine e passato
dell'isola d'Ischia, con un'introduzione di Amedeo Maiuri, Ischia,
Imagaenaria Edizioni, 2000 (seconda edizione)
• Di Meglio Patrizia, Ischia: natura, cultura e storia,
Ischia, Imagaenaria, 1997
• Ischia e le isole flegree, Guide De Agostini, Novara,
Istituto Geografico De Agostini, 1991
• D’Ascia Giuseppe, Storia d’Ischia, Napoli,
Edizioni Errecci, 1864
• http://www.castellodischia.it
• http://www.castelloaragonese.it
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