di Reno Bromuro
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• I presepi
• Come lo raccontano i bambini
• La tradizione e la storia del Natale a Napoli
• In Germania
• In Polonia
• In Russia
• L'albero di Natale
• I fiori da regalare a Natale
Prima della nascita di Cristo
c'era la festa del Fuoco e del Sole, perché
in questo periodo c'è il solstizio d'inverno, cioè del giorno
più corto dell'anno.
Nella Roma pre-cristiana dal 17 al 24 dicembre si festeggiano
i Saturnali in onore di Saturno, dio dell'agricoltura
ed è un periodo dove si vive in pace, si scambiano doni, sono abbandonate
le divisioni sociali e si fanno sontuosi banchetti. Tra i Celti
invece si festeggia il solstizio d'inverno.
Nel 274 dopo Cristo, l'imperatore Aureliano decide che
il 25 dicembre si festeggi il Sole. È
da quest'origine che risale la tradizione del ceppo natalizio, ceppo che
nelle case deve bruciare per dodici giorni consecutivi e deve essere preferibilmente
di quercia, perché propiziatorio, e da come brucia si presagisce
come sarà il futuro anno. Forse per chiarire questo stato di cose
che San Francesco, la notte tra il 24 e il 25 dicembre
del 1223, costruisce, con l'aiuto di un gruppo di "poverelli",
tra le montagne e le colline della Valle Santa,
ricoperte di neve, per la prima volta il Presepe.
Immaginate questo gruppo di "poverelli" senza scarpe, addosso
solo povere vesti, che portano la parola di Dio e un messaggio di fede
e di speranza per i più poveri tra i poveri...
San Francesco soggiorna a lungo a Greccio, con alcuni
suoi confratelli, fin dal 1209. Proprio su queste montagne realizza il
primo presepe vivente, riproduzione della natività di Betlemme.
Si racconta che il luogo dove sorge il santuario fu scelto per caso, lanciando
un tizzone ardente, che ricadde proprio là dove poi fu eretto il
santuario. Il lancio del tizzo, ancora oggi
è rievocato nel periodo di Natale, durante la rievocazione del
presepe vivente allestito da San Francesco.
Il
santuario di Greccio é scavato in parte nella roccia, con piccole
cellette di pochi metri quadrati, quasi come nidi d'aquile, lontano da
tutto e da tutti. Anche quest'anno, la notte di Natale a Greccio si rievocherà
la rappresentazione con comparse del paese e delle zone circostanti. A
mezzanotte tutte le campane suonano nella valle e quello é il segnale
della nascita del Redentore.
Quindi il nostro Natale deriva da tradizioni borghesi del secolo scorso,
con simboli e usanze sia d'origine pagana sia cristiana. Il Natale è
anticipato dalla vigilia, che dovrebbe essere una giornata di digiuno
e di veglia cui ci si prepara ai festeggiamenti delle feste. Nelle case
è allestito un presepe, specialmente nei paesi meridionali, o un
albero di tradizione più nordica.
PRESEPE GIGANTE DI MARCHETTO
Da
una tradizione secolare di manifestazioni legate al Natale, nasce nel
1980 il Presepe Gigante allestito nella borgata Marchetto
di Mosso, che lo scorso anno è stato visitato da
circa Diecimila persone, il Presepe è anche un momento d'incontro
tra i centocinquanta abitanti di Marchetto, tutti impegnati a vari livelli
nella realizzazione. Il Presepe è allestito nelle vie, nei cortili
e negli spazi aperti della borgata situata nel Biellese
orientale, a settecentocinquanta metri d'altitudine. Il panorama è
aperto verso sud, sulla Valle di Mosso, culla dell'industria
laniera biellese, e sulla Pianura Padana. Le
luci delle grandi città, di sera, fanno da sfondo al Presepe, mentre
le alture dell'Oasi Zegna chiudono lo scenario
verso nord. Oltre cento statue a grandezza naturale, di particolare espressività,
formano più di venti scene ispirate alla Natività
tradizionale, ma anche alla vita e al lavoro della gente.L'insieme
della "scena panoramica" (detto in
gergo cinematografico) è quasi un museo etnografico che si rinnova
ogni anno, fatto d'oggetti, strumenti e angoli caratteristici. Il Presepe
Gigante è di fatto immobile, ma i visitatori, con il loro cammino
verso la Capanna, lo rendono animato e vivo, confondendosi con le statue.
L'effetto è particolarmente evidente nelle ore notturne, quando
un'emozionante illuminazione completa l'allestimento.
E' aperto tutti i giorni dalle ore 10 alle 22, a partire dal 14 dicembre
e fino al 6 gennaio.
IL NATALE DEL NONNO: IL MIO
TEMPO
Non si usava addobbare le case e nemmeno fare l'albero di Natale. Era
molto diffuso l'uso di fare il presepe. Grandi e piccoli andavano alla
ricerca di pietre calcaree, perché l'acqua le aveva lavorate e
con quelle si faceva la grotta. Intorno alla grotta erano disposte delle
piccole casette di cartone fatte in casa. I personaggi erano di terracotta.
Per il verde si usava il muschio e dei ramoscelli di sempreverdi. la neve
era realizzata con la farina.
GLI
ZAMPOGNARI
Si sta perdendo una tradizione molto bella, quella degli Zampognari.
Nelle metropoli è difficile sentire una zampogna o vedere uno zampognaro
che bussa alla porta e ti suona "Tu scendi dalle stelle".
A Napoli, forse esiste ancora quest'usanza, chissà! Gli Zampognari
venivano dall'Abruzzo e ogni mattina cominciavano
il loro giro molto presto, col buio. La gente li sentiva suonare stando
ancora a letto. Iniziavano a diffondere nell'aria le dolci melodie natalizie
già per la novena dell'Immacolata e dopo
ricomparivano per la novena di Natale. Arrivati a Natale
ricevevano un compenso in denaro. Così com'erano comparsi, scomparivano
per tornare l'anno dopo.
LA VIGILIA DI NATALE
Il 24 Dicembre, cioè la Vigilia di Natale,
la gente rimaneva a digiuno fino alla sera. A pranzo si mangiava: cavolfiori
fritti, baccalà condito con olio, aglio e prezzemolo, poche frittelle.
La sera si riuniva tutta la famiglia (ora la famiglia non esiste più)
e la cena prevedeva: spaghetti con il sugo di pesce, cicoria,
insalata, broccoli neri e bieta. Come frutta mandarini
e frutta secca. I contadini avevano l'usanza
di far appassire qualche grappolo d'uva, perché
si diceva che mangiarla portava fortuna.
La notte tra il 24 e il 25 dicembre si andava a messa per ascoltare la
cerimonia e attendere la Nascita di Gesù
in chiese molto affollate. Luci e atmosfere semplici che a mezzanotte
si univano al suono festoso delle campane. Anche i bambini partecipavano,
sopratutto per ammirare il presepe preparato in parrocchia.
Il
giorno di Natale sulla tavola non doveva mancare
il brodo di cappone e pasta fatta
in casa. In qualche casa, oltre al brodo, si mangiavano
anche le fettuccine con il sugo di carne. Per secondo sulla tavola comparivano
il cappone lesso, carne al sugo, i broccoli neri.
A fine pranzo cadevano sulla tavola i torroni e i dolci fatti in casa.
Sulla tavola erano presenti finocchi, olive e lupini curati in casa; frutta
fresca e secca a volontà. Esistevano soltanto generi alimentari
e qualche negozio di dolciumi dove si potevano comperare sopratutto i
torroni bianchi perché i panettoni
e i pandori da noi non c'erano. I dolci li preparavano la nonna e le zie
ed erano sopratutto: susamielli e ciambelline
al vino.
Nei giorni di festa si giocava a tombola. Intorno ad un gran tavolo, sotto
il quale un gran braciere riscaldava l'ambiente, si riunivano grandi e
bambini. Ognuno aveva davanti a se una cartella per giocare e per segnare
i numeri bisognava prendere i fagioli o i ceci o le bucce d'arancia, che
erano posti al centro del tavolo. Si trascorrevano in questo modo interi
pomeriggi e tante serate dopo cena.
Mio nonno aveva messo l'usanza, che nell'intervallo tra una tombolata
e l'altra, di leggere un libro che noi tutti commentavamo, senza limiti
d'età. Con i miei nipoti non posso farlo, non mi ascoltano e mi
contestano, dicendo che sono un "affondato nel vecchiume".
Il sei gennaio i bambini ricevevano i regali. La sera prima facevano spegnere
il fuoco nel camino, appendevamo le calze al bordo del camino, poi andavamo
a dormire ma… nel dormiveglia vedevo sempre quella vecchia con i
capelli diritti e il pizzetto alla Vittorio Emanuele Secondo,
e non riuscivo a dormire. Qualche bambino era spaventato per quella vecchietta
descritta molto severa e che non portava i regali ai bambini cattivi.
La Befana metteva nella calza dolci, qualche
caramella e i mandarini, a qualche bambino monello metteva carbone vero
e cenere. I bambini per la curiosità di vedere cosa c'era nella
calza si alzavano molto presto. I più fortunati oltre alla calza
ricevevano altri doni.
LA TRADIZIONE E LA STORIA DEL NATALE A NAPOLI
Napoli
si prepara offrendo al visitatore una straordinaria mole di luoghi espositivi
e tesori d'arte e, tra una passeggiata e un po' di shopping natalizio,
invadono via Roma (ex Via Toledo) avviandosi verso il centro storico partendo
da piazza del Plebiscito. In questa Piazza,dal
14 dicembre, è protagonista Spiriti di madreperla
un'installazione eseguita dalla tedesca Rebecca Horn,
dedicata non solo all'oscuro culto dei morti ma anche al fenomeno della
luce e del dialogo, tra passato e presente.
Piazza del Plebiscito ospiterà anche
la festa di fine d'anno, con uno spettacolo musicale. Il consueto concerto
di fuochi d'artificio, simbolo del Capodanno non solo napoletano, si terrà
dalle terrazze del Castel dell'Ovo, sul lungomare.
Durante l'attesa si consiglia una visita a Palazzo Reale,
che presenta, tra l'altro, il "Presepe napoletano del
Banco di Napoli". Sotto il colonnato della Chiesa
di San Francesco di Paola, nel periodo festivo si collocano
alcuni stand che propongono prodotti artigianali. Nell'adiacente Piazza
Trieste e Trento, si può fare una sosta nello storico
Caffè Gambrinus e immaginare di vedere
seduto, al tavolo nell'angolo a sinistra, Salvatore Di Giacomo,
Benedetto Croce, Ferdinando Russo e
Scarfoglio che discutono di letteratura… il luogo
degli incontri degli intellettuali d'inizio secolo, è rimasto nel
ricordo di tutti. La vicina Galleria Umberto I.
Tappa d'obbligo per i turisti d'ogni parte del mondo è San
Gregorio che trasuda di tradizione, ed i pastori, come i
Presepi, raccontano il lavoro artigianale di
generazioni di famiglie napoletane. Chi, tra sugheri, statuine e modelli
in cartapesta, desideri trovare addobbi natalizi particolarmente originali
potrà fermarsi presso I Fiori di Ferrigno.
C'è grande scelta di dipinti, sculture, maioliche, mobili e libri,
ad esempio, nella vicina via Santa Maria di Costantinopoli
e nelle vie San Biagio dei Librai e Benedetto Croce,
a due passi dalla bella piazza del Gesù,
oppure nei negozi d'antiquariato del quartiere Chiaia.
A chi voglia approfittare per andar per musei, si consiglia la visita
al Museo Archeologico Nazionale, in Piazza Museo,
che per l'ampiezza, l'importanza dei reperti e l'organicità della
loro posizione, costituisce uno dei massimi musei archeologici del mondo.
Oppure recarsi al complesso monumentale di grande importanza che è
il Museo di Capodimonte; o dirigersi verso il
Vomero, dove si possono fare piacevoli passeggiate
lungo le arterie principali riservate ai pedoni, raggiungere Largo
San Martino, e visitare il Museo di San Martino,
che ospita una ricca sezione dedicata ai presepi del Settecento
e Ottocento.
Ai pastori tradizionali si sono aggiunti: Totò,
Massimo Troisi, Umberto Bossi, Massimiliano
Rosolino, Lady Diana, i ragazzi del Grande
Fratello.
Questi sono solo alcuni dei personaggi, del passato e del presente, che
hanno ispirato gli specialisti di pastori che popolano via
San Gregorio Armeno. Accanto alle rappresentazioni artistiche
della natività e ai tradizionali protagonisti del presepe, si affollano
infatti terrecotte con le fattezze di personaggi famosi, attori, politici,
sportivi. La parola d'ordine è attualità. Tra le altre novità
proposte dall'antica bottega per questo Natale sono Roberto Benigni
in versione Pinocchio, il Papa
e Renato Carosone, "un omaggio - dice Giuseppe
Ferrigno, il papà dei pastori di terracotta esposti a San Gregorio
Armeno - ad un grande musicista e napoletano doc".
La diffusione del presepio anche nelle fasce più emarginate ebbe
inevitabili riflessi sulla produzione. Accanto agli artisti che producevano
per i signori e per i luoghi della fede, si moltiplicarono semplici artigiani
impegnati a rifornire il popolo minuto.
Capofila della schiera degli artisti fu Giuseppe Sanmartino,
il più grande scultore napoletano del Settecento ricordato specialmente
per il Cristo Velato della Cappella Sansevero
e per le tante leggende ad esso correlate. Nella sua scia avanzarono artisti
di notevole talento quali: Francesco Celebrano, Domenico
Antonio Vaccaro e altri. La richiesta era tanta che tutta la
Napoli artigianale s'impegnò nella produzione di presepi toccando
alte vette di specializzazione.
Il presepio fu anche una galleria di ritratti della nobiltà e della
borghesia, giacché molti artisti, a cominciare dal Sanmartino,
diedero ad alcune figure le sembianze dei loro mecenati. Il declino del
presepe coincise con il tragico fallimento della Repubblica
napoletana del 1799. Il rilancio fu avviato da Ferdinando
II, ma gli artigiani non erano più quelli di una volta.
Oggi San Gregorio Armeno ha riconquistato la
sua tradizione, anche perché molti giovani si sono accostati all'antica
arte. Le tecniche sono quelle di una volta, ma sono cambiati i sistemi
di propaganda. Il presepe continua ad essere un giudice infallibile dell'affetto
dei napoletani: soltanto chi è molto amato, come Totò,
Eduardo, Massimo Troisi, ha diritto
di comparire accanto a Razzullo e Sarchiapone,
a Benino, ai musicanti. Però
c'è anche un ammiccamento a sentimenti diffusi… Ecco che
negli ultimi anni sono apparse statuine di terracotta che raffigurano
Madre Teresa di Calcutta e di Lady Diana,
perfino dello stilista Versace; niente da scandalizzarsi,
il presepe tollera tutto.
I DOLCI CHE ORNANO LA TAVOLA
A NAPOLI
Per parlarvi di dolci mi rifugio nella scuola paterna, e ripercorro con
la memoria i ricordi affinché sia certo di raccontarvi cose esatte.
Le preparazioni natalizie campane sono legate alla rinomata tradizione
pasticciera napoletana: roccocò, susamielli,
zeppole e struffoli
tutto questo ci riconduce al periodo dell'avvento, a lunghe serate in
casa, al gioco della tombola.
Il profumo delle zeppole fritte, che durante
la fase della preparazione impregna tutti gli abiti, le finestre chiuse,
il vapore acqueo che si forma sui vetri, e l'odore che ci si porta dietro
lasciando scie d'aromi irresistibili. In famiglia la nonna ha sempre sostenuto
che quando si preparano le zeppole non bisogna farsi vedere né
far sentire l'odore alla gente invidiosa: finirebbero con lo scoppiare.
Le zeppole (mi sono portato appresso quello che ho visto fare alla nonna
e alla zie, proponendolo a mia moglie napoletana (perché sono diverse),
la tradizione sannita. Le zeppole fritte sono preparate con una pasta
a base di farina acqua e lievito, una volta che la pasta ha raggiunto
la massima lievitazione, si prende facendole in due forme, rotonde con
le alici, lunghe semplici. Se la farina è impastata a dovere, si
mantengono morbide fino alla befane e sostituiscono il pane non i dolci.
Una delle tradizioni piú antiche per celebrare il periodo d'Avvento in Germania sono i mercatini di Natale Weihnachtsmarkt oppure Christkindlmarkt Mercato del Gesù Bambino. Nel mese di dicembre se ne può trovare uno in ogni città tedesca. Anche se il loro carattere varia : dal mega-mercatone come quello di Stoccarda ai quattro chioschetti in legno coperte di rami d'abete che si trovano nei paesi più piccoli. L'atmosfera un po' ottocentesca di questi mercatini è comunque unica: tra suoni di trombone, abeti illuminati e bancarelle decorate si trova una vasta gamma di prodotti artigianali. Prima di tutto un'infinità di cose e cosette per decorare la casa l'albero di Natale, ma anche giocatoli, abbigliamento e mille altre cose utili e meno. Poi, dolciumi a tonnellate, dal marzapane al panpepato, insomma c'è proprio di tutto per rovinarsi lo stomaco. E non si torna a casa senza aver gustato un Wurstel con un bicchiere di vin brulé. E' impossibile elencare tutti i migliaia di mercatini di Natale in Germania. Mi limito quindi a presentare alcuni che a me personalmente sono piaciuti di più e che a mio parere valgono veramente un viaggio.
II Natale è, assieme alla Pasqua, la più
importante festa del calendario polacco. Alla Vigilia nelle abitazioni
è posto un abete addobbato con palle di vetro colorato, giocattoli
di carta e dolci. È un'usanza giunta dall'occidente verso la metà
del Diciannovesimo secolo. Spesso viene appeso anche del vischio al soffitto.
Nei villaggi subcarpatici sull'ingresso delle case vengono appesi piccoli
abeti decorati mentre sul soffitto della stanza principale si appende
un globo fatto d'ostie colorate. In molte case la sera della vigilia si
pone del fieno sotto la tovaglia. Alla fine della cena se ne estrae a
caso uno stelo. Se è lungo lascia prevedere una lunga vita, se
è biforcuto o ritorto la vita sarà interessante ma complicata.
In questa stessa sera si possono conoscere molte cose sul proprio futuro.
Ancor oggi è viva la credenza che quello che avviene la sera della
vigilia si ripeterà per tutto l'anno.
A ricordo della cometa natalizia di cui parlano i Vangeli il cenone della
vigilia inizia quando nel cielo appare la prima stella. Prima di mettersi
a tavola tutti i familiari si scambiano gli auguri con la cerimonia della
partizione dell'ostia. E' il momento più importante ed elevato
della vigilia e simboleggia il sacrificio reciproco, il donarsi gli uni
agli altri e ricorda che anche l'ultimo pezzo di pane va condiviso con
il prossimo. E' un atto che avvicina chi è distante, accomuna i
morti ai vivi e porta pace tra coloro che sono in lite.
Lasciare
un posto libero a tavola è un'usanza molto conosciuta e diffusa
in tutta la Polonia. E' un voler esprimere un grato ricordo dei nostri
cari che non possono trascorrere la festa con noi. Serve anche a ricordare
un defunto della famiglia o anche tutti i familiari che ci hanno lasciato.
Ancora molto diffusa in campagna è l'usanza di sistemare un fascio
di grano in un angolo della stanza. Sedendosi a tavola il capo famiglia
inizia a leggere il frammento del vangelo di Luca che
racconta la nascita di Gesù: "In quei
giorni uscì un editto di Cesare Augusto che ordinava
il censimento quando Quirino era governatore della Siria...".
Il cenone tradizionale della vigilia si compone di dodici diverse portate
che differiscono a seconda della regione. Fra i piatti più diffusi
sono la minestra di barbabietole rosse con i cappelletti,
la gelatina di succo di frutta. Vengono serviti
pesci lessati, zuppa di funghi
o di pesce, agnolotti con cavoli,
frittelle, riso con prugne,
fagioli a molte altre portate ma sempre di
magro. Dopo aver consumato il pasto l'uso più frequente è
la distribuzione dei regali da parte di San Nicola. Ancora
molto viva è l'usanza di cantare melodie natalizie prima di avviarsi
alla Pasterka, la messa di mezzanotte che in alcune zone di montagna ha
ancora un fascino indimenticabile. Si inizia con il canto Dio
nasce.
Nel passato era difficile immaginare la festa del Natale senza coloro
che andavano per le case a cantare le pastorali, canti natalizi in cui
i pastori hanno un ruolo d'estrema importanza. Oggi questa usanza va scomparendo
anche se in alcune regioni è una tradizione ancora molto seguita.
La tradizione più diffusa è quella di andare in giro a cantare
le pastorali per le case portando una stella ed un piccolo presepe. La
stella è grande, fatta di carta colorata montata su un telaio di
stecche di legno, illuminata da una candela, con all'interno una natività.
Spesso la stella ruota su un setaccio circolare. Per lo più sono
i bambini che vanno a cantare le pastorali porgendo gli auguri di Natale,
di salute, di benessere, di buon raccolto.
Il
Natale ortodosso si celebra il 7 gennaio, nove
mesi dopo l'Annunciazione a Maria Vergine. La festa di Natale é
la più importante dell'anno, dopo la Pasqua. Prima del Natale c'é
un periodo di preghiera alternato dal digiuno per quaranta giorni, iniziato
il 27 novembre. Il digiuno naturalmente non é assoluto, si raccomanda
di mangiare di magro nei giorni di mercoledì e di venerdì.
Di norma si consuma il pesce in quei giorni. Il digiuno si chiama Socelnik,
per via del cibo socivo, che consiste in grano lesso e frutti. L'unico
cibo previsto in quella giornata. Il digiuno dura fino a quando non compare
in cielo la prima stella. In genere però per la conclusione del
periodo di digiuno si aspetta che dopo la liturgia venga intonato l'inno
di Natale Rozhdiestvo Tvoe, Xriste
Bozhe nasce. In quel momento al centro della chiesa viene
portata l'icona del Natale. Con essa un cero, che simboleggia la stella
cometa di Betlemme. Finché non compare questo simbolo, il digiuno
non si interrompe.
La chiesa viene addobbata per le feste. La casa anche si riempie di decorazioni,
soprattutto si fa l'albero, elka. Per la verità
questo avviene nelle case dove l'albero é considerato un simbolo
del Natale. Nelle altre l'albero si fa per l'anno nuovo, novogodnaia elka.
Sulla cima dell'albero si mette una stella, come la nostra cometa sul
presepe. In molti casi si usano anche ghirlande con pesci, pecore...tutti
simboli della tradizione cristiana, che ancora oggi ritroviamo nella catacombe
cristiane di Roma.
L'usanza dell'albero di Natale sembra una tradizione giovane, invece, è antica e viene fatta risalire ai riti pagani del ceppo, bruciato a partire dal solstizio invernale. Questo ceppo doveva essere scelto tra i migliori ed essere preferibilmente di quercia, che simboleggia la forza e la solidità, e veniva arso davanti alla famiglia al completo. Simbolicamente si brucia il passato, e si colgono i segni del prossimo futuro: le scintille che salgono nella cappa simboleggiano il ritorno dei giorni lunghi, i doni sono simbolo d'abbondanza, la cenere, raccolta, viene sparsa nei campi per sperare in abbondanti raccolti. Tutti questi simboli sono nel nostro albero di natale e le nelle nostre vie: le luci e le luminarie sono le scintille del falò, le palle e le decorazioni sono speranze di prosperità, l'abete sempreverde la speranza di rinascita, i fili d'oro e d'argento i capelli delle fate. La tradizione pagana e cristiana si è fusa: la luce allunga sempre più le giornate e Gesù nasce per salvare il mondo. Nel mondo contadino i festeggiamenti si protraggono fino all'epifania: sono dodici giorni, durante i quali le giornate iniziano lentamente ad allungarsi. Però anche nella tradizione cristiana troviamo l'albero: l'abete era l'Albero Cosmico, cioè la manifestazione divina del cosmo. Poi viene identificato in Gesù e nella sua luce: l'illuminazione dell'albero è l'illuminazione di Cristo sull'umanità, mentre i frutti, i doni, le decorazioni simboleggiano la sua generosità verso di noi.
Il vischio è la pianta
natalizia per antonomasia riconosciuta come pianta di buon augurio: è
una panacea contro tutti i mali, perché non possiede legami con
la terra. E' l'incarnazione dello spirito vitale e quindi protettivo.
Già Virgilio nell'Eneide
lo cita per le sue virtù magiche.
Il biancospino: germoglia nei giorni di Natale
e fiorisce a Pasqua e si fa risalire al biancospino
di Glastonbury, cioè al bastone di Giuseppe
d'Arimatea che aveva piantato con le sue mani.
Il ginepro: la leggenda narra che Maria,
in fuga dai soldati di Erode, trovò rifugio e
nascondiglio fra i propri rami. E da quel legno si sarebbe anche fatta
la croce di Gesù. Tra le sue virtù, si
sosteneva che fosse una pianta che teneva lontano i rettili, e a curarne
il morso, che la tradizione cristiana interpretò come un potere
di purificazione dei peccati.
Agrifoglio e il pungitopo: sono dei portafortuna,
la tradizione cristiana vede nelle sue foglie dure e con le spine il simbolo
di forza e di difesa contro i mali, e nelle sue bacche la luce di natale,
sono simbolo di allegria e di buon auspicio: auspici di fecondità
e di abbondanza per il ciclo dell'anno che sta iniziando.
Arancia: frutto dell'inverno, solare, l'arancia
raffigura il Natale a tavola per il suo splendore e per la speranza.
Melagrana: il suo significato si riferisce al
mondo agreste, simboleggia la rigenerazione della terra, mentre per Cristo
indica la resurrezione, infatti viene spesso dipinto con una melagrana
in mano.
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